È un po' di tempo che non aggiorno il blog. Sto attraversando un periodo molto intenso, di lavoro, di studio e di preparazione per il 2021. Ma non posso restare in silenzio quando una persona cara se ne va.
Ho conosciuto Vittorio Catani nel settembre 2013 a Milano durante la prima convention di fantascienza della mia vita: la Delos Days, organizzata dalla Delos Books.
In verità, il destino ci aveva già fatti incrociare un paio di mesi prima: un mio racconto, finalista in un premio, era comparso su una rivista; nello stesso numero c'era anche un racconto di Vittorio Catani.
Ritrovarmi nella stessa pubblicazione con una colonna della fantascienza italiana, nonché storico primo vincitore del Premio Urania, era stato un grande onore, ma incontrarlo di persona fu un’emozione ancora più grande...
Nell’ultimo panel al quale assistetti, Vittorio raccontò alcuni aneddoti riguardo alla bassa considerazione di cui gode la fantascienza in Italia. Fu un momento vivace e divertente, condito dalle allegre risate del pubblico.
Al termine del panel avrei voluto presentarmi e chiacchierare un po’ con lui, ma dovevo prendere l’aereo per tornare a Napoli, così riuscii soltanto a stringergli la mano e complimentarmi per il gustoso spettacolo prima di fuggire via.
Per fortuna la chiacchierata proseguì nella chat di Santo Facebook.
Vittorio si mostrò gentile e alla mano, esattamente come appariva dal vivo. Non mi riservò la diffidenza verso i nuovi autori - e le autrici! - che, con infinita delusione, avevo già cominciato a saggiare nell'ambiente di fantascienza, anzi. Aveva in casa una copia del numero della rivista che ci vedeva insieme e mi riferì di aver letto il mio racconto due volte, perché, a sua memoria, in 60 anni di letture non si era mai imbattuto in una storia simile.
“È una novità assoluta nella SF italiana”, scrisse. “Nessun altro si è congratulato con te per questo?”
Una delle cose che non amo dell’ambiente fantascientifico italiano è che, prima o poi, si finisce a parlare degli assenti, e in maniera critica se non spocchiosa, acida e rancorosa.
Con Vittorio non è mai accaduto. Le nostre conversazioni superavano queste piccinerie, ignoravano le fazioni e gli antagonismi che alla lunga avvelenano i rapporti.
Chiacchieravamo fino a notte fonda, scambiandoci racconti e pareri, aneddoti delle nostre vite e riflessioni sulla fantascienza, sul fantasy e sull’horror.
Vittorio era un pozzo di sapere. Mi raccontava la storia e le curiosità della narrativa di genere ed era così piacevole imparare da lui, che l’aveva vissuta.
Divenne per me un caro amico; un confidente; un mentore; un sostegno nei momenti bui. Ogni tanto mi chiedeva di mandargli qualche racconto da leggere, segnalandomi pregi e passaggi da migliorare. Sapeva che stavo scrivendo un romanzo e alla pubblicazione si procurò l’ebook, nonostante non amasse molto i supporti digitali.
Semplicità, rispetto e gentilezza erano le sue tre doti principali.
Le nostre chiacchierate erano un’oasi di condivisione della fantascienza e di accettazione dell’altro; anche nei momenti più tristi e difficili delle nostre rispettive vite, perfino quando cominciò ad accennarmi del suo problema di salute che lo stava portando lontano, tra le pieghe della malinconia aleggiava sempre un velo di speranza e serenità.
“La vecchiaia è una catastrofe”, sospirava con la leggerezza che lo contraddistingueva.
Custodiva da 40 anni un romanzo nel cassetto, mi disse anche il titolo provvisorio; era una delle sue storie di “fantascienza del presente”, come le definiva lui; sperava di finirlo e darlo alle stampe. Intanto mi aggiornava riguardo alle nuove edizioni delle sue opere uscite decenni addietro e sul lavoro di revisione necessario per adeguarle ai nostri tempi.
Mi ero procurata vari suoi romanzi e vecchi numeri di riviste contenenti i suoi racconti, speravo di incontrarlo di nuovo in qualche convention per farmeli autografare.
Purtroppo il destino ha voluto diversamente.
Nella nostra ultima chat, due anni fa, Vittorio tornò ad affrontare la situazione di salute. Trapelò lo sconforto, anche se stemperato dalla speranza di un miglioramento, per quanto improbabile.
“Si vede in te una vera amicizia”, scrisse prima di salutarmi.
Lo sapevamo tutti che ci avrebbe lasciati; la sua latitanza sui social e la casella email ormai piena avrebbero dovuto prepararci, ma come si fa a dirgli addio?
Dopo aver saputo della sua dipartita ho trascorso ore a rileggere le nostre chat con gli occhi umidi. Sono pagine e pagine di risate e pensieri, desideri, speranze, progetti. Ne aveva ancora tanti, di progetti.
Era unico. E giovane, molto più giovane di tanti autori della "nuova fantascienza", che a parer mio ragionano da vecchi.
Era vulcanico e generoso. Per la quantità di idee che immetteva nelle sue storie l’ho definito uno scrittore “verdiano” (dal cognome del compositore Giuseppe Verdi, che ribolliva di creatività).
Vittorio Catani era un grande autore. Semplice, capace di molteplici stili, anche se preferiva una scrittura priva di fronzoli, diretta e a suo modo poetica.
Era anche una persona umile e magnifica. Quando parlavo con lui mi sentivo libera e spensierata, perché sapeva tirare fuori la parte migliore di me.
Caro Vittorio – “V.” come ti firmavi spesso nelle chat -, grazie per le belle chiacchierate, per i tuoi insegnamenti, per la stima che hai avuto verso di me, come persona e come autrice.
Magari ci rivedremo in uno degli universi di Moras e allora riprenderemo le nostre conversazioni sulla fantascienza. Perciò il mio non è un addio ma un augurio di buon viaggio nelle immensità del multiverso.
Saluta il tuo micio Musetto da parte mia e fai tanti bei fantasogni d’oro.
Con eterna stima.
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